Il titolare di un’impresa può svolgere tutte le attività da solo o, come più frequentemente accade – soprattutto nelle imprese più strutturate – avvalendosi della collaborazione di altri soggetti che possono essere legati da diverse tipologie di rapporto con l’imprenditore.
Tra le varie figure, quella dell’institore è certamente una delle più percorribili nel caso in cui si desideri conferire un ruolo di responsabilità strategica al procuratore.
Ma che cosa fa l’institore? E perché l’institore non deve essere confuso con il procuratore?
L’institore
È l’articolo 2203 del codice civile a chiarire che cos’è l’institore:
È institore colui che è preposto dal titolare all’esercizio di un’impresa commerciale.
La preposizione può essere limitata all’esercizio di una sede secondaria o di un ramo particolare dell’impresa.
Se sono preposti più institori, questi possono agire disgiuntamente, salvo che nella procura sia diversamente disposto.
Per certi versi, dalla lettura dell’art. 2203 emerge come l’institore possa essere ben considerato come un sostituto dell’imprenditore, visto e considerato che viene preposto all’esercizio di un’impresa commerciale, limitatamente a una sede secondaria o a un ramo di impresa.
Da quanto sopra si può ben capire che l’institore riveste all’interno dell’organizzazione imprenditoriale un ruolo di grande importanza e di rappresentanza sostanziale, visto e considerato che può compiere atti in nome e per conto dell’imprenditore (ovviamente, nell’esercizio dell’attività di impresa).
Quanto premesso non deve inoltre lasciare intendere che il rapporto tra imprenditore e institore sia a tempo indeterminato o destinato a durare negli anni. La relazione che può instaurarsi tra queste due figure può infatti essere anche transitoria e occasionale. In altri termini, l’institore può esercitare le sue funzioni sulla base di una procura institoria che ne discipline l’azione in base a contratti di specifica natura.
Ciò detto, grava sempre sull’institore l’obbligo di riservatezza e il divieto di concorrenza, avvicinando così questa figura agli obblighi che sono tipici di tutti i dipendenti. Ancora, grava sempre sull’institore un obbligo di correttezza e di trasparenza nei rapporti con i terzi, a cui deve sempre far presente che non è l’effettivo titolare del rapporto giuridico, spendendo pertanto il nome dell’azienda in sede di trattazione degli affari. In caso contrario, l’institore sarà ritenuto responsabile.
La procura institoria nel Codice civile
La figura dell’institore è disciplinata nell’art. 2203 del Codice civile, rubricata “Preposizione institoria”, laddove si legge che
È institore colui che è preposto dal titolare all’esercizio di un’impresa commerciale. La preposizione può essere limitata all’esercizio di una sede secondaria o di un ramo particolare dell’impresa. Se sono preposti più institori, questi possono agire disgiuntamente, salvo che nella procura sia diversamente disposto.
Già dalla lettura del tenore dell’articolo emerge come la preposizione institoria sia fortemente caratterizzata per l’ampiezza dei poteri rappresentativi dell’institore, tale da renderlo una sorta di alter ego dell’imprenditore, il quale delega i propri poteri all’institore.
Ora, si tenga conto che:
- l’institore deve essere necessariamente una persona fisica con capacità di agire
- di norma sussiste fra imprenditore e institore un rapporto di lavoro subordinato, qualificando così l’institore come ausiliario subordinato dell’imprenditore. Non è però escluso che il rapporto lavorativo possa derivare anche da contratti di varia e diversa natura, come quello di agenzia
- l’institore può essere posto a capo dell’impresa o solamente di una parte di essa, o ancora ad una sede secondaria o a un ramo dell’azienda.
La forma della procura institoria
L’opinione prevalente in dottrina afferma che per la preposizione institoria di norma non è richiesta l’adozione di formule e forme particolari.
Per il conferimento dell’incarico di institore non è dunque necessaria la forma scritta né per la validità (ad substantiam) e né ai fini probatori (ad probationem), visto che la sussistenza di tale preposizione può essere ben provata con ogni mezzo, comprese le presunzioni.
È altresì concorde la recente opinione della giurisprudenza di legittimità. Così Cass. civ. n. 16532/2016:
La qualità di institore è da porre in correlazione con la preposizione, operata dall’imprenditore, all’esercizio dell’impresa commerciale, indipendentemente dall’inquadramento professionale del preposto dal punto di vista della carriera, dal conferimento di procura o comunque dall’utilizzo di forme solenni, sicché il preposto ad una sede secondaria dell’impresa (nella specie, la succursale di una banca) è per ciò stesso institore, salva prova contraria, acquisendone automaticamente i relativi poteri rappresentativi e divenendo, pertanto, destinatario della notificazione di atti processuali indirizzati al preponente.
Ad ogni modo, potrebbe essere conveniente procedere con il conferimento formale. Così Cass. civ. n. 21811/2015:
Per quanto concerne la costituzione del rapporto di natura institoria ex art. 2203 c.c., pur potendo desumersi da elementi presuntivi anche in assenza di un formale atto di conferimento di qualifica e procura da parte dell’imprenditore, deve tuttavia essere accertata con specifico riferimento alla fattispecie concreta e mediante applicazione degli ordinari criteri di ripartizione dell’onere probatorio.
I poteri dell’institore
Stando all’art. 2204 c.c.,
L’institore può compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa a cui è preposto, salve le limitazioni contenute nella procura. Tuttavia non può alienare o ipotecare i beni immobili del preponente, se non è stato a ciò espressamente autorizzato.
L’institore può stare in giudizio in nome del preponente per le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell’esercizio dell’impresa a cui è preposto.
Il tenore letterale della norma è chiaro: l’institore è rivestito di tutti i poteri di rappresentanza necessari per svolgere le sue funzioni. È infatti stato preposto dall’imprenditore all’impresa, una sua sede secondaria o un ramo della stessa.
Altresì chiaro il riferimento al compimento degli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa. Per quanto munito di ampi poteri, l’institore può solamente compiere degli atti che sono relativi alla gestione dell’impresa, ma non può venderla o darla in affitto, così come non può compiere degli atti che determinino la sua sostanziale trasformazione.
In tale ambito, si discute se gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa siano individuati tenendo conto dell’oggetto dell’impresa stessa da un punto di vista astratto, o se invece la pertinenza debba essere individuata in rapporto alla fattispecie concreta.
La rappresentanza processuale nella procura institoria
Tra le altre fonti normative che disciplinano il potere di rappresentanza processuale dell’institore vi è poi l’art. 77, comma 2, c.p.c.. La rappresentanza processuale dell’institore, rammenta opinione giurisprudenziale maggioritaria, può essere limitata dal preponente solamente per quanto concerne la legittimazione processuale attiva, ma non quella passiva che invece è disposta nell’interesse dei terzi soggetti.
Ancora in relazione alla rappresentanza processuale dell’institore, si rammenta che:
- rientrano nei suoi poteri la gestione delle controversie dinanzi agli organi di giurisdizione con la sola eccezione delle decisioni relative alla composizione delle liti, per cui è domandata una specifica autorizzazione
- la legittimazione processuale non è limitata agli atti compiuti dall’institore ma si estende a tutti i giudizi dipendenti da qualsiasi atto da chiunque compiuto nell’esercizio dell’impresa, della sede o del ramo cui l’institore è preposto
- la legittimazione processuale cessa solo con l’estinzione dell’impresa e non con la cancellazione dal Registro delle imprese.
Si ricorda come i poteri rappresentativi dell’institore previsti per legge possono essere ampliati o limitati dall’imprenditore sia all’atto della preposizione sia successivamente, fermo restando che le limitazioni che sono contenute nella procura non possono certamente arrivare a svuotare il contenuto la preposizione institoria.
Il compenso dell’institore
Anche se una parte della dottrina è di opinione opposta, in realtà la presenza di una procura institoria non determina necessariamente l’insorgenza di un rapporto di lavoro subordinato. La procura può infatti essere conferita all’interno di un rapporto di altra natura, con la conseguenza che il compenso del procuratore potrà essere correlato alla tipologia di relazione così instauratasi.
In maggiore dettaglio, se colui a cui è stata conferita la procura institoria è un dipendente, la retribuzione sarà stabilita tenendo a mente la contrattazione collettiva, gli accordi integrativi, i contratti individuali, senza poter essere inferiore ai minimi salariali stabiliti dai contratti.
La responsabilità dell’institore
La responsabilità dell’institore deriva dall’art. 2208 c.c., secondo cui
L’institore è personalmente obbligato se omette di far conoscere al terzo che egli tratta per il preponente: tuttavia il terzo può agire anche contro il preponente per gli atti compiuti dall’institore, che siano pertinenti all’esercizio dell’impresa a cui è preposto.
Dalla lettura della norma è dunque chiaro che l’institore sia personalmente responsabile degli atti compiuti nel caso in cui non riferisca in modo chiaro ed espresso di agire per il preponente.
In aggiunta alla responsabilità personale, sull’institore grava anche una responsabilità solidale con l’imprenditore nel caso in cui l’atto da lui compiuto riguardi l’esercizio dell’impresa. È questo il caso in cui il terzo non sia in grado di distinguere il dominus reale dell’affare.
Ci troviamo pertanto dinanzi a due ipotesi di assunzione di responsabilità:
- la responsabilità a carico dell’institore
- la responsabilità a carico dell’imprenditore.
In ogni caso, la norma può essere applicata solamente se sussiste una preposizione institoria e se l’institore abbia agito in concreto per l’attuazione dei compiti assegnatigli. Secondo questa disposizione di legge, il titolare dell’impresa è dunque responsabile di tutti gli atti che sono compiuti in suo nome nella sede dell’impresa stessa, in base ai principi dell’apparenza giuridica e dell’affidamento.
Con il suo tenore, dunque, la norma disciplina la contemplatio domini presunta, ovvero gli atti che sono pertinenti all’esercizio dell’impresa compiuti dall’institore.
Differenze tra institore e procuratore
Per comprendere compiutamente quali siano le differenze tra l’institore e il procuratore si può introdurre l’art. 2209 del codice civile, che afferma come le disposizioni di cui agli artt. 2206 e 2207 c.c. si applichino anche ai procuratori, i quali in base a un rapporto continuativo, abbiano il potere di compiere per l’imprenditore gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, pur non essendo preposti ad esso.
Da tale norma si ricava pertanto la conclusione che i procuratori sono coloro che stando a un rapporto continuativo hanno il potere di compiere per l’imprenditore gli atti che riguardano l’esercizio dell’impresa. Come tale, sono ausiliari, subordinati, di grado inferiore rispetto all’institore. Diversamente da costui, infatti, non sono posti a capo dell’impresa o di un ramo della stessa.
Tuttavia, è errato affermare che l’unica differenza tra institore e procuratore sia questa. Oltre alle divergenze nei rapporti con l’imprenditore, infatti, le due figure manifestano profonde differenze anche nel momento in cui si allacciano rapporti con i terzi. Proprio per evitare ogni confusione sia il procuratore che l’institore devono spendere il nome dell’impresa nel trattare gli affari: se questi si rendono invece responsabili personalmente per gli atti compiuti nell’esercizio dell’attività senza aver speso il nome, allora l’imprenditore dovrà risponderne per conto dell’institore, ma non per conto del procuratore.
Infine, evidenziamo come l’institore a differenza del procuratore sia dotato di rappresentanza processuale. Il procuratore ha invece un potere di rappresentanza che è limitato agli ambiti lavorativi di propria competenza.